Nel 1976, le decorazioni espresse dalla fantasia pittorica di Fiume, erano diventate attrazione per quanti giungevano alla costa. Fortunata fu la narrazione afferente alla riferita emergenza pestifera insorta nel Trecento a Fiumefreddo, che finì per sollecitare la genialità dell’Artista il quale la tradusse nei mirabili esiti pittorici della cupola della chiesa di San Rocco. Fiume decise di ritrarre l’arrivo di S. Rocco in Italia e idealmente a Fiumefreddo, nel momento in cui imperversava la peste. Il tema era evidentemente tragico. Prima di tutto era presente un nuovo soggetto la morte, quella morte causa di dolori, di panico, di impotenza, di rassegnazione, la morte come immagine della fine della bellezza, della gioia, della speranza. La figura di San Rocco, poverello di Monpellièr, in pellegrinaggio verso Roma, nella prima metà del ‘300, inerme e solo sorretto dall’amore e dalla fede, doveva risultare drammatica di fronte all’immane spettacolo costituito dal flagello della peste.
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